La cittadina di Tortoreto in Abruzzo è ricca di storia ed arte. Il ritrovamento di resti di villaggi abitativi e di resti di sepolture dà prova del fatto che il territorio di Tortoreto era sicuramente abitato sin dal V millennio a.C. Le sue origini tuttavia risalgono all'epoca romana per un fenomeno di migrazione degli abitanti della costa verso la collina, per rifugiarsi dai pericoli delle aggressioni nasce la "Castrum Salini" di cui parla Plinio II il Vecchio. Salendo dal Lido verso Tortoreto Alta, ai piedi della collina, lungo la strada provinciale, nella zona denominata "muracche" sono venuti alla luce ruderi di una villa di età romana che certamente non è l'unica nella fascia collinare. All'epoca il mare arrivava a lambire la collina e dunque si trattava di una vera e propria villa con vista sul mare con il pavimento a mosaico ed una parte retrostante riservata alle attività agricole. Altre testimonianze di epoca romana sono state individuate nel territorio comunale in contrada Terrabianca : cisterne per la raccolta di acqua piovana e una necropoli e vari oggetti di uso quotidiano quali anfore, monete ed utensili.
IL CENTRO STORICO
Il nucleo storico di Tortoreto Alta, sorse nel periodo pre-medievale. Il luogo, secondo quanto afferma papa Gregorio in una lettera del 602, era ricco di boschi ed adatto alla nidificazione delle tortore, da qui il nome Turturitus (tortore). Situato a 227 mt. sul livello del mare conserva ancora la sua struttura di borgo medievale: una fortezza centrale circondata da alte mura di cinta su cui si alza una magnifica torre la Torre dell'Orologio.
Il Torrione, le porte di accesso, le rue strette, il ponte con le caratteristiche volte, testimoniano l’esistenza del castello di Tortoreto. Il centro storico è suddiviso in tre parti: TERRAVECCHIA, TERRANOVA ed il BORGO.
Terravecchia rappresenta il nucleo più antico di Tortoreto, ricostruita, con ogni probabilità, sulle rovine di “Castrum Salini”, divenne un castello fortificato con il ponte levatoio (del quale rimangono le feritoie nella parte anteriore della Torre dell’Orologio), le mura, le torri, i cunicoli sotterranei ed i palazzi del feudatario, le chiese e le abitazioni dei nobili.
Terranova era il castello nuovo con poche porte di accesso, i torrioni agli angoli della città per la difesa e le rue strette per destinare maggiore spazio alle abitazioni.
Il Borgo si sviluppò fuori le mura del castello intorno al 1400, su un crinale e in senso perpendicolare rispetto alla costa: terminava con una terrazza naturale che si affacciava sul mare.
Durante il MedioEvo, Tortoreto diviene feudo sotto i normanni; si succedono diversi feudatari fino a quando il territorio dalla fine del 1300, passa sotto il controllo dei duchi Acquaviva. Al termine del loro dominio , Tortoreto passa sotto il controllo del Regno di Napoli fino al 1860, anno dell’Unità d’Italia . Dopo il medioevo, la popolazione inverte il flusso migratorio poiché viene a mancare la necessità di fortificarsi. Si comincia pertanto a costruire nella zona pianeggiante della costa ed intorno al 1800 sorse il primo nucleo abitativo di Tortoreto Lido, lungo l’attuale via Carducci che da Tortoreto Alta porta al mare.
Un gioiello pittorico: La Cappella della Madonna della Misericordia
Il piccolo borgo di Tortoreto alta, dall’aspetto medioevale, custodisce un autentico gioiello pittorico rinascimentale : la cappella della Madonna della Misericordia: un oratorio, a breve distanza dalla chiesa parrocchiale del paese dedicata a San Nicola di Bari.
È il monumento più pregevole della cittadina .
Esempio di pittura marchigiana del ’500 in Abruzzo, la cappella della Madonna della Misericordia fu forse eretta, secondo una tradizione locale, nella prima metà del XIV secolo dopo la terribile peste nera che decimò la popolazione europea nel 1348, menzionata anche dal Boccaccio nel Decamerone. Fu edificata come ringraziamento alla Madonna per aver liberato Tortoreto dalla tremenda epidemia, ma la storica Magnanimi la assegna ai primi decenni del XVI secolo: la sua ipotesi tutta rinascimentale sarebbe confermata dall’impianto geometrico della cappella più orientato verso un gusto cinquecentesco.
La cappella ebbe nei secoli un’importanza fondamentale non solo per i tortoretesi ma anche per i pellegrini e gli abitanti dei paesi vicini. Questo viene è documentato da un’altra pestilenza del 1527 e da quanto riferitoci da Vincenzo Bindi ( Monumenti storici e artistici degli Abruzzi, II, Napoli 1889) : “A Santa Maria della Misericordia ricorsero in tale congiuntura tristissima (peste del 1348) i fedeli, e Campli, Teramo, Bellante, Forcella alla celeste Diva innalzarono templi, con confraternite, ospedali ed opere di carità; e tra questi templi, il più cospicuo fu quello di Tortoreto, che manteneva a sue spese un Ospedale e stipendiava dieci cappellani”. Il vicino ospedale era gestito dalla confraternita di Santa Maria della Misericordia e probabilmente tale struttura assistenziale esisteva ancora agli inizi del XIX secolo.
La cappella, di modeste dimensioni, ha una forma rettangolare a navata unica absidata e la facciata, con mattoni a vista e tetto a capanna, presenta un grazioso ma semplice portale in travertino; l’abside invece, è poligonale e suddivisa in nove spicchi esterni. Appena varcata la soglia dell’oratorio si è invasi da un senso di bellezza e misticismo: tutto l’interno dell’edificio è ricoperto di meravigliosi affreschi cinquecenteschi con episodi della Vita e della Passione di Cristo e santi cari alla devozione popolare. Sull’attribuzione del ciclo si è dibattuto a lungo, proponendo il nome del marchigiano Martino Bonfini che li avrebbe eseguiti nel XVII secolo, ma la firma presente nel lunettone della controfacciata indica: “(jacobu)s bonfinus de patrignono (pinxit anno domini md)xxvi die vero mensis septembris”. La paternità degli affreschi è attribuita alla mano di Giacomo Bonfini da Patrignone di Montalto Marche (FM), nativo di Ascoli Piceno e antenato del già menzionato Martino.
La data tuttavia, lascia delle incertezze: non si comprende se indichi l’inizio o il termine dei lavori: l’anno comunque è quasi certamente il 1526.
Lungo le pareti laterali, a partire da sinistra, nella prima campata compare una lacunosa Orazione di Cristo nell’Orto degli Ulivi, seguita dall’episodio della Cattura di Cristo; nella doppia lunetta della controfacciata sono raffigurati Cristo davanti a Caifa e la Flagellazione, mentre in quella contigua troviamo l’Incoronazione di spine, un Ecce Homo e un piccolo riquadro con la Salita al Calvario. Il carattere drammatico degli episodi rappresentati e il colore, sobrio ma elegante, mette ben in risalto gli incarnati dei volti e delle mani dei personaggi sacri con naturalezza, armonia e fusione di tinte cromatiche. La disposizione delle figure è così voluta per accentuare il pathos e la carica emotiva nei confronti dei fedeli. Nella parete destra compaiono , una splendida Natività, molto vicina per caratteristiche e influssi pittorici alla pittura umbra, con particolare riferimento a Pinturicchio, una Santa Caterina d’Alessandria, riconoscibile dalla grande ruota dentata postale accanto (strumento del suo martirio) , e un San Rocco di Montpellier : la presenza di questo pellegrino francese del XIV secolo, all’interno della cappella, è strettamente connessa al culto della Madonna della Misericordia, che assieme al santo e a San Sebastiano è invocata come protettrice contro la peste e le epidemie.
Nella parete sinistra troviamo ancora un San Rocco, una bellissima Madonna della Misericordia di gusto e stile raffinatissimo che si avvicina a quello tardogotico;
ai suoi piedi sono rappresentati i confratelli incappucciati, soci del pio sodalizio a lei dedicato, un Sant’Antonio di Padova e un San Giobbe, patrono dei lebbrosi e simbolo della futura risurrezione dei corpi. Nel grande spazio absidale, quasi come in un grande trittico, sono rappresentati i tre episodi conclusivi della Passione: l’Inchiodatura di Cristo alla croce, il Calvario con l’Addolorata, San Giovanni, le pie donne e San Francesco d’Assisi e la Deposizione.
Il Calvario offre un presunto scorcio panoramico di Tortoreto Alta (come si presentava all’epoca del Bonfini), nel quale si riconoscono i campanili, le mura difensive e le porte della cittadina che si staglia sullo sfondo del retrostante mar Adriatico. I tre affreschi si presentano come scenografiche macchine teatrali: la staticità della Crocifissione si contrappone alle dinamiche e coinvolgenti scene laterali, che inducono chi guarda ad un raccoglimento mistico. In alto, nella calotta absidale, sei angeli recano i simboli della Passione e cartigli inneggianti al sacrificio di Cristo. Al centro della volta dai colori vivaci appare, all’interno di un’ampia mandorla, il Risorto attorniato da angeli e nuvole in movimento; nei pennacchi i quattro Evangelisti con i simboli, seduti sopra piccole nubi e la raffigurazione personificata della Bibbia.
Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
I documenti e le immagini sono tratti dall’Archivio di stato e da “Tesori d’Abruzzo”