A Cupello momenti di forte attrito tra il presdente Chiodi e cittadni attivisti contro la proliferazione di pozzi petroliferi in Abruzzo, nel corso del convegno ''Abruzzo: quale futuro?'' con padrone di casa l'ultra -ottantenne politico democristiano Remo Gaspari.
Pubblichiamo il resoconto inviatoci da Lorenzo Luciano del blog Allegria di naufraghi. e della ricercatrice Maria Rita D'Orsogna.
'' L'unico puntuale è Remo Gaspari, la sala si riempie pian piano, tra gli organizzatori c'è un certo sconcerto, arrivano troppi volti mai visti, qualcuno riconosce qualcuno e il sospetto cresce.
Arriva il Presidente della Provincia, gli oratori si siedono sul palco. Le telefonate verso Chiodi si ripetono e lui assicura la sua presenza, troppa gratitudine lo lega a Gaspari per non venire.
Arriva la dott.ssa D'Orsogna, anche chi non se ne era accorto ora capisce, non potrà essere la festa tra il vecchio potente democristiano e i suoi successori, quelli che con umiltà ne hanno seguito i consigli.
C'è ancora tempo, basterebbe una telefonata e il Presidente della Regione eviterebbe l'imbarazzo, ma nessuno la fa.
Il convegno parte con quasi un'ora di ritardo e con un giovane ingegnere che parla del fotovoltaico: un taglia e incolla riferito scolasticamente alla platea, ma corretto. Arriva Chiodi e si rende conto che qualcosa non va già dal primo piccolo applauso. Di Giuseppantonio scivola gradualmente in secondo piano. Parla Chiodi, cifre e leggi difficili da comprendere, la sensazione è che sia molto contento di quanto ha avuto e colpisce la sua ammirazione per il "genio" Tremonti.
Al termine la dott.ssa D'Orsogna chiede la parola e le viene dato il microfono, chi lo fa - probabilmente lo stesso che non ha telefonato - si sta ancora mangiando le mani: una domanda semplice sulla petrolizzazione dell'Abruzzo seguita da un forte applauso scatena il nervosismo.
Abituati come sono a riunioni in cui uno parla, senza peraltro dire niente, mentre gli altri si scambiano felici delle pacche sulle spalle, all'idea di doversi confrontare con altri vanno immediatamente in crisi.
Chiodi risponde comunque con la solita risposta limitata al centro oli di Ortona. Alla richiesta di una precisazione gli organizzatori non resistono e reagiscono: cominciano ad offendere, alzano la voce, rifiutano di continuare, ovviamente c'è chi risponde con lo stesso tono. Anche se non succede nulla oltre al tentativo di farsi sentire senza avere il microfono, più di uno chiama i carabinieri e i vigili urbani, si lamentano dal microfono della maleducazione della platea. Inutile ricordare agli uomini con le giacche nere che anche gli Abruzzesi hanno il diritto di parlare, inutile ricordare che questa sarebbe la democrazia, sembra davvero di essere andati a disturbare in casa d'altri.
A questo punto mandano avanti lo scudo umano: non oserete certo disturbare un vecchio di 88 anni, abbiate rispetto almeno per l'età.
Lo scudo non se lo fa dire due volte e parte all'attacco con un intervento da cineteca che spero qualcuno diffonda: il ricordo dei bei tempi andati e la benedizione a Chiodi e Di Giuseppantonio il tutto condito con cicliche offese ai disturbatori, alle persone da quattro soldi, ai terroristi, ai comunisti, a gente che nemmeno Veltroni vuole, ai colpevoli del disastro attuale, ai fannulloni, alla gentarell' e chi più ne ha ne metta. Dietro di lui gongolano; un solo intervento lo interrompe, dice: "Quel che lei dice è vero ma ...." e viene travolto.
Ovviamente al termine dell'intervento si è fatto tardi e tutti devono scappare, rimane il tempo per qualcuno per rilanciare qualche offesa salvo poi allontanarsi di fronte agli sguardi pietosi degli stessi offesi.
Rimane il senso amaro della ignoranza e dell'arroganza ora al potere, di chi rende apertamente onore a chi 20 anni fa ha avuto il solo "merito" di dirottare in questa regione una parte di quel debito pubblico che i nostri figli dovranno pagare (se prima lo Stato non fallirà) e non senza trasferirne una parte nelle casse degli amici.
Si prova quasi pietà di fronte a persone che non sono in grado di rispondere a semplici domande, che non sanno prendersi la responsabilità di quello che fanno, anzi che spesso neppure sanno quello che fanno e che reagiscono con un riflesso condizionato offendendo e lamentandosi come bambini.
Voglio concludere con quanto ho detto ad un ragazzo, laureato e disoccupato, che non sapeva neppure chi fossimo e cosa volessimo:
"Io non sono nato qui, ho una laurea, una professione e un lavoro, so arrangiarmi nella vita ed ho anche denaro sufficiente per cui me ne potrò andare da qui quando vorrò. Il problema vero è il tuo, tu che vorresti restare nella tua terra ma che credi nell'elemosina dei potenti.
A risentirci tra qualche anno".
Lorenzo Luciano